Non voglio, sì, per scienza,
ancora in coscienza,
per quegli incoscienti stadi,
passare a grado a grado
nella follia epatica
che, per sconosciute strade
dai maleodoranti olezzi
e tra spie impenitenti,
ti arreca tanto danno.
Le “ amorevolezze” no,
ma cosa introitar
per le cadenti membra?
Ma benedetto fegato,
pignolo precisone,
non metterti a far capricci
vedendo ovunque impicci
di falsi trasmettitori
perché, in un tozzo di pane,
finanche non puoi vagliare,
che proteine in più
ma cosa ci può stare.
E tra le altre cose,
non metterti a far le bizze
ché qualche fugace stipsi
la mente non può offuscar.
Tu, che da sempre il tramite
tra il monte e la valle,
concedi nuovamente ascesa
alla materna linfa vital
per quella miracolosa via
solerte ritentrice
d’ ammonio iniquità.
Non far che questa linfa
per arrivar al monte,
dopo travagliosi circuiti,
viziosi e snaturati,
vi giunga ancora impura
per irrorare i suoi fusti
e infin, per tremori e scosse,
ciò che verde era,
trasforma irriverente
in arsi e secchi arbusti.
Mamma mia cara,
pazzo nel tuo nome,
non più ti tormenterò
con firme e giochi vari,
ma non ti lamentar
per fiumi di sciroppo,
miracol di catarsi
e miscele nauseanti:
ancor altro non c’è.
Ma, pur tra tante pene,
non invocar più il nome
di un grande professore,
ché, con pousè e ed emblè e,
il mostro non si doma.
In mental cortocircuito
dopo troppe amare passioni,
per questo intricato impiccio
di mostri, iene e talpe,
per falsi trasmettitori
e con lesto incalzar di gradi
mio padre pur passò.
Ma lui, imperturbabile,
tra tanti intrighi perfidi,
in un batter di baleno
il cielo guadagnò.